MERCOLEDI’ 17 GIUGNO h 17, FACOLTA’ DI AGRARIA (via Celoria 2)
S_tralci, le Cellule Compagne e il Collettivo di Città Studi presentano:
"UNA STAGIONE ALL’INFERNO"
seminario autogestito sulle condizioni del bracciantato migrante in sud Italia
a seguire cena etnica al COA T28 (via dei transiti) in solidarietà con l’ambulatorio medico popolare sotto sgombero
“Una stagione all’inferno” è il titolo che abbiamo voluto dare a questa iniziativa, perché è la realtà che vivono regolarmente i lavoratori migranti impiegati in agricoltura quando, come stagionali, si spostano da una regione all’altra del nostro Paese pur di lavorare, accettando paghe da fame e costretti a condizioni di povertà estrema ed esclusione. Vogliamo cominciare ad indagare e a riflettere su ciò che vivono tutti i giorni questi uomini e queste donne, vittime ricattabili di un sistema economico e politico perverso che li sfrutta e li criminalizza allo stesso tempo, determinando la loro emarginazione dalla società civile e perpetrando così nel tempo la condizione a sé più vantaggiosa: lo sfruttamento di manodopera a basso costo e senza diritti. Oggi, nel complesso fenomeno dell’immigrazione in Italia, la condizione dei braccianti stagionali resta un nervo scoperto e ipocritamente nascosto. Già nel 2004, Medici Senza Frontiere aveva visitato le campagne del Sud Italia per portare assistenza sanitaria agli stranieri impiegati come stagionali e per indagare questa scomoda realtà. Già allora erano emerse le vergognose condizioni di vita e il preoccupante stato di salute in cui versavano i migranti. A distanza di anni MSF ha potuto constatare che nulla è cambiato. Il costo umano determinato da un politica tesa solo a regolamentare flussi migratori senza avere il coraggio di guardare in faccia la realtà e di andare alla radice del problema, è altissimo. Con questa iniziativa vogliamo dunque denunciare l’atteggiamento ambiguo e ipocrita del sistema istituzionale italiano nei confronti dell’immigrazione irregolare. Da una parte, si registrano misure di contenimento del fenomeno migratorio con politiche dal pugno di ferro tese a combattere la clandestinità inneggiando alla difesa della legalità; dall’altra, le stesse istituzioni nazionali e locali si tappano occhi, orecchie e bocche dinnanzi al massiccio sfruttamento di manodopera clandestina nelle produzioni agricole del Meridione perché necessari al sostentamento delle economie locali. L’utilizzo di forza lavoro a basso costo, il reclutamento in nero, la negazione di condizioni di vita decenti, il mancato accesso alle cure mediche sono aspetti ben noti e tollerati. I sindaci, le forze di Stato, gli ispettorati del lavoro, le associazioni di categoria e di tutela, i ministeri: tutti sanno e tutti tacciono. Vessati, sfruttati, ricattati. Picchiati, scacciati, braccati. Gli immigrati stagionali vivono in case abbandonate, in fabbriche in disuso, talvolta per strada. Pur di sopravvivere offrono le proprie braccia per meno di 25 euro al giorno e per molti l’obiettivo di inviare risparmi alle loro famiglie nei paesi di origine fallisce miseramente. Evidentemente la storia si ripete. Se da una parte, infatti, con la riforma agraria degli anni ’50 venivano affrontate e parzialmente risolte le durissime condizioni di vita dei nostri braccianti meridionali, oggi, a distanza di quasi sessant’anni, siamo tornati al punto di partenza; alla logica latifondista del caporalato e dello sfruttamento. Il tutto nella più completa assenza di un sindacato bracciantile in grado di tutelare i diritti di chi la terra la lavora e che, di fatto, sostiene l’agricoltura del Sud Italia; di chi l’attuale sistema economico e politico italiano non esita a sfruttare quando è invisibile e a denigrare attraverso campagne mediatiche quando serve un capro espiatorio su cui scaricare il malessere sociale della popolazione.
Come studenti della Facoltà di Agraria riteniamo quindi che la nostra formazione universitaria non possa limitarsi allo studio del miglioramento delle tecniche produttive agricole, ma debba affrontare anche il risvolto sociale che da sempre caratterizza il settore primario. Per questo proponiamo un momento di autoformazione, che non si limiti però alla mera constatazione dello stato di cose attuale, ma che stimoli un dibattito ed un’analisi propositiva, consapevoli del ruolo che l’agricoltura può giocare nel processo di integrazione tra i popoli e nella costruzione della società del domani.