Rassegna stampa 5 dicembre 2008


Dopo i tanti rinvii parte finalmente il bike sharing, ma le piste ciclabili sono ancora un miraggio
Vogliamo le bici anche in Città Studi!

Invece, dal manifesto di oggi: 


L’ONDA MEDIATICA Intervista al sociologo Adam Arvidsson: «Internet fondamentale per la comunicazione tra gli studenti»
«Il web per il movimento come i tazebao per il maggio francese»
Alessandro Delfanti

Come si fa a disgiungere l’Onda, e più in
generale i movimenti sociali degli anni 2000, dall’uso del web? Sarebbe
come pensare al maggio francese senza i manifesti serigrafati o le
scritte sui muri. Da Indymedia ai blog degli studenti in mobilitazione,
siamo ormai abituati a leggere e produrre notizie e punti di vista, e a
discutere con gli altri su Internet. Nel corso degli ultimi anni
articoli, libri, ricerche sul ruolo della rete nei nuovi movimenti si
sono sprecati. Ma sono i media a determinare i movimenti? Che ruolo
hanno quindi i blog, Facebook, YouTube e gli altri media collaborativi,
cioè quelli che chiunque può produrre gratuitamente dal computer di
casa? Lo abbiamo chiesto ad Adam Arvidsson, un sociologo che da
Copenhagen è arrivato da poco alla Statale di Milano. Arvidsson si
occupa di media digitali e comunicazione ma anche del ruolo dei brand
nella cultura dei consumi.

La protesta corre sulla rete?
I
media che troviamo sul web non sono altro che i media che sono entrati
nella pratica quotidiana della nostra generazione, quindi usare
Facebook non è diverso che usare il telefono: il tempo del feticismo
della rete è passato. Non penso che l’uso di Internet cambi le
dinamiche della protesta. Ovviamente è utile per mobilitare e
diffondere informazioni in modo più efficiente del classico
volantinaggio, ma non causa cambiamenti radicali.

Ci sono anche tentativi di creare brand della protesta. Cosa ne pensi?
C’è
l’esempio di Anna Adamolo (anagramma di Onda anomala, la «ministra
onda» inventata per diffondersi virilmente nella rete:
http://annaadamolo.noblogs.org, ndr), un tentativo di brandizzazione
che non ha avuto grosso successo probabilmente perché l’Onda era già
partita e aveva già attirato l’attenzione dei mass media. San Precario
o Serpica Naro erano tentativi di produrre un brand politico, cioè
creare una comunità di interpretazione prima, che poi poteva creare un
movimento diffuso nella società. Non è facile definire cosa sia un
brand ma forse potremmo dire che è il tentativo di costruire un
movimento virtuale che anticipa un movimento reale. Il brand funziona
quando c’è la necessità di generare una comunità politica, per esempio
un gruppo di lavoratori precari dentro le industrie creative che non ha
un’identità collettiva precostituita. In quel caso il marchio la
costruisce a livello culturale, dopodiché i lavoratori possono
riempirlo di contenuti pratici. Nel caso dell’Onda invece si parte da
un’esperienza vissuta che si fa movimento e si dà un nome.

Il web è strumento dei movimenti sociali o può crearli?
Gli
strumenti della rete sono un media che può essere usato per creare
forme di socialità determinate dagli utenti. Vari media possono dare
luogo a forme di socialità diverse: Facebook crea non solo una rete ma
una rete fatta da conoscenze dormienti che possono essere attivate in
certi momenti. Il media però contribuisce a determinare la socialità
creata comunque dagli utenti. Probabilmente nelle proteste dell’Onda
sono stati molto più importanti i cellulari, che pero vengono visti
come un media vecchio. Eppure diverse ricerche hanno studiato il loro
ruolo, per esempio l’uso degli sms per dirigere manifestazioni. Se ci
pensate, le manifestazioni dell’Onda non sono molto diverse da quelle
del ’77 o del ’68. Le tecniche usate dal movimento sono le stesse, e
questo vuol dire che probabilmente l’infrastruttura mediatica ha avuto
un’influenza molto piccola. Non lo dico per criticare l’Onda, ma solo
per sottolineare che non bisognerebbe rivolgere tutta l’attenzione solo
sul livello mediatico, che forse non è la caratteristica principale di
questo movimento. (www.totem.to)

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