#3 Paris: Ecoutez la colère des peuples!


Dopo le rivolte e gli scioperi contro la riforma delle pensioni che in autunno hanno visto lottare fianco a fianco studenti e lavoratori, a Parigi è arrivato il vento della rivoluzione tunisina! Qua sotto un’altra testimonianza diretta (vedi tutte) che uscirà sul prossimo numero della rivista universitaria SOTTOTRACCIA , in più segnaliamo l’appello per un meeting transnazionale in settembre in Tunisia (dopo quello di Parigi) lanciato da attivisti locali e del KLF durante il “liberation without borders tour”.

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Appunti da Parigi – Il contesto francese delle politiche d’austerità europee e l’incontro con l’esperienza rivoluzionaria tunisina

Dopo gli scioperi che hanno letteralmente bloccato tutta la Francia lo scorso autunno, la situazione sembra essere tornata alla normalità. Nonostante sia stata proprio la capitale francese ad aver ospitato, nel weekend dell’11-13 febbraio il meeting internazionale “For a New Europe: University Struggles Against Austerity”, occasione che ha portato alla nascita della rete Knowledge Liberation Front, Parigi non ha ancora (ri)visto le proprie strade riempite di gente.

Le singole lotte sociali certo continuano, come ne è un esempio lo sciopero, durato più di tre mesi, dei lavoratori della mensa dell’Ecole Normale Superieure – sostenuti dagli studenti – per la regolarizzazione del loro contratto; e non sono mancate le manifestazioni di protesta contro l’intervento militare francese in Libia.

Tuttavia un discorso politico che unisca da un lato la lotta contro le politiche d’austerità condotte in tutti i paesi europei, la situazione generalizzata di precarietà e il processo di smantellamento del welfare state, e dall’altro lato la richiesta di una maggiore partecipazione democratica, guardando all’esempio delle rivolte in corso sull’altra sponda del Mediterraneo, è ancora in fase di costruzione.

In parte questo è dovuto al contesto particolare francese: infatti nonostante anche la Francia sia impegnata, per rispondere ai criteri europei definiti a Bruxelles, nell’adozione di una politica di forte contenimento della spesa pubblica (la riforma delle pensioni, la riduzione del finanziamento del sistema sanitario, il processo di privatizzazione delle università) i residui di un welfare state un tempo molto sviluppato permettono di recepire le conseguenze di queste politiche d’austerità in modo attutito. Solo per capire quale ne può essere la percezione degli studenti francesi, consideriamo che: una retta universitaria si aggira attorno ai 300 euro all’anno, ogni studente ha diritto ad un aiuto per l’alloggio (sia per un contratto di affitto privato che in residenza universitaria) proporzionale all’ammontare dell’affitto e alla situazione finanziaria personale, e un pasto completo in mensa universitaria costa 3 euro. Insomma…una situazione decisamente diversa se la confrontiamo a quella degli universitari italiani!

In questo contesto l’esperienza politica sicuramente più interessante si è prodotta nel momento in cui un gruppo di tunisini (300-400) è arrivato a Parigi il 28 aprile, dopo essere sbarcato a Lampedusa nei giorni precedenti. Se gli attivisti francesi sono da tempo abituati a sostenere le lotte dei sans-papiers e ad affiancarli nelle loro rivendicazioni, questa volta si è instaurata una dinamica del tutto differente: sono i tunisini a dire Nous avons fait la revolution democratique, nous venons vous aider à faire pareil, come hanno scritto nei cartelli che hanno agitato durante il corteo del 1 maggio. Lo stesso giorno il gruppo di tunisini, insieme a molti attivisti francesi, decide di occupare uno spazio ormai abbandonato di proprietà del Comune: non si tratta soltanto di avere un luogo dove dormire e mangiare ma anche e soprattutto dove poter discutere e organizzarsi collettivamente (ni police, ni charité, un lieu pour s’organiser! Si legge sullo striscione davanti lo stabile occupato). Probabilmente è proprio la richiesta di un luogo collettivo a preoccupare maggiormente il Comune di Parigi, che propone degli alloggi provvisori e degli aiuti alimentari ma respinge la richiesta di uno spazio unico per tutti.

Mentre i tunisini rifiutano di essere separati gli uni dagli altri e di rimanere ad occupare il posto, Delanoë da parte sua decide lo sgombero, che viene condotto, alla presenza del ministro dell’Interno Claude Guéant, con un dispiegamento massiccio di forze dell’ordine, e provoca 150 arresti. Secondo il comunicato stampa del Comune la colpa dello sgombero è da attribuire ai “gruppi anarchici e radicali” francesi, che hanno spinto i tunisini a mantenere l’occupazione e a rifiutare di negoziare con le autorità. Ovviamente niente di più falso dal momento che tutte le decisioni sono state prese dai tunisini stessi riuniti in assemblea. Due giorni dopo lo sgombero il gruppo di tunisini si trova ad occupare nuovamente un altro luogo, continuando con decisione a rivendicare uno spazio collettivo e documenti per tutti. Ma la tensione con le autorità e con la polizia rimane molto alta e le minacce di un nuovo sgombero continuano. Una repressione così forte è alquanto strana a Parigi dove ormai da anni i collettivi sans-papiers sono riconosciuti come interlocutori.

Forse questa volta sono le potenzialità di lotta che possono nascere dall’incontro tra le esperienze rivoluzionarie al di là del Mediterraneo e la tradizione di lotte sociali francese che spaventano così tanto chi sta al governo.

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Per approfondimenti: KLF Paris

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