Strano modo che hanno le istituzioni di trattare i problemi. Strano è anche il fatto che si considerino le persone come problemi, anzichè il target primario del proprio lavoro (come chiunque in buona fede potrebbe pensare, ma forse al punto in cui siamo la buona fede è meglio lasciarla stare).
Innanzitutto: un problema non è tale non solo finchè non emerge, ma finchè non è così palese che neanche il giornale più asservito possa ignorarlo (attenzione, non analizzarlo e darne la propria lettura di parte, semplicemente ignorarlo).
In secondo luogo: un problema palesato cessa di essere un problema non solo se viene risolto, ma anche se viene ricacciato nell’ombra, con l’indifferenza complice dell’opinione pubblica, che di questo problema non vede l’ora di dimenticarsi per non doversi mettere in discussione.
Questo è quanto successo in questi giorni in via Senigallia a Bruzzano, alle porte di Milano.
Venerdì circa duecento rifugiati politici e richiedenti asilo, perloppiù eritrei, somali, sudanesi ed etiopi, in fuga da guerra e povertà, occupa un edificio abbandonato da tempo come estremo tentativo di uscire dall’ombra e vedere riconosciuti i propri diritti. Rivendicano il diritto alla casa, al lavoro, alla dignità. Almeno il rispetto delle convenzioni internazionali: l’Italia riceve milioni di euro dall’UE per l’assistenza ai rifugiati (che è un atto dovuto), lo Stato però si dimentica di loro. Le forme di assistenza sono pochissime, molti vivono per strada, vanno a ingrossare le fila dei “pericolosi e indecorosi” poveracci additati all’opinione pubblica come causa di ogni male e giustificazione di qualsiasi legge autoritaria e liberticida, come se per loro la parola “persona” fosse inadeguata. Non possono neanche lasciare il nostro paese, sono tutti registrati con le impronte digitali e devono stare qui. Hanno dei diritti come rifugiati politici, ma vengono sistematicamente ignorati: chiusura dei dormitori pubblici, sgomberi di abitazioni, proteste eclatanti represse e dimenticate, negli ultimi anni Milano – città col cuore in mano – per loro è stata questo.
Ma torniamo a noi. La Questura decide di censire gli occupanti valutandone i casi uno per uno, frattanto il numero di occupanti sale (si parlerà di oltre 400 persone, 299 censite dalla polizia), si organizzano perchè l’edificio diventi sempre più abitabile chè per strada, da soli, non ci vuole tornare nessuno, compaiono i primi striscioni con le rivendicazioni: chiedono pace, casa, lavoro, il riconoscimento del proprio stato di rifugiati, dignità. In risposta, Decorato si affretta ad affermare che Milano assiste già 300 profughi e non può accogliere clandestini da tutt’Italia, in seguito accuserà i centri sociali di avere organizzato l’occupazione (si vede che oggi pretendere la dignità è un affare da estremisti).
Ecco, il problema – delle persone che chiedono il rispetto dei propri diritti – si è palesato.
La soluzione? Martedì mattina (oggi, ndr) un ingente schieramento di Celere e Carabinieri in tenuta antisommossa si presenta allo stabile occupato e procede allo sgombero. Molti migranti non sono presenti, sono a far colazione all’esterno, la polizia blocca quelli all’interno (circa 120) e propone – solo per loro – una trattativa consistente in un incontro in Comune (che offrirà soluzioni ridicole e solo per alcuni), “ospitalità” in CPT in giro per l’Italia e cose del genere. Lo sanno bene: se in gruppo il problema emerge, la divisione indebolisce, separarli equivarrebbe di fatto a ricacciare il problema nell’ombra, lontano dagli occhi lontano dal cuore.
I rifugiati non ci stanno, quelli che erano all’esterno, esclusi dalla trattativa, tornano ma la Celere non li fa rientrare per ricongiungersi agli altri, si dirigono allora ad occupare i binari della stazione di Bruzzano per protesta. Da qui in poi si susseguiranno – provocando numerosi feriti – le cariche della polizia su gente che sventola il permesso di soggiorno e la richiesta di asilo politico, prima alla stazione e poi più volte durante il corteo che si dirige verso Milano centro, ma dovrà fermarsi all’ex Paolo Pini dove si tiene un’assemblea.
Il problema non vuole tornare nell’ombra? Ecco la violenza di Stato, a tutelare le tasche e le coscienze (o il voto?) degli onesti cittadini.
Sta a noi, studenti, movimento e società civile, far sì che i problemi emergano e vengano risolti anzichè nascosti e ignorati, soprattutto quando i “problemi” si possono ascoltare e guardare negli occhi e dovrebbero vedersi riconosciuta la stessa dignità che pretendiamo per noi stessi.
Aggiungo: il 25 aprile è il giorno in cui si afferma prima di tutto che questa dignità è un diritto di tutti, sarebbe davvero idiota ed egoista tenere le ragioni di queste persone fuori dal corteo. Vogliamo ragionarci?