Dal manifesto di oggi.
GRECIA, CONTINUA LA PROTESTA DEGLI STUDENTI
Spari contro un furgone della polizia
(n. v.)
Spari contro un furgone della polizia. È successo di nuovo ad Atene, ieri mattina, mentre una squadra antisommossa usciva dalla stazione di polizia del quartiere di Goudi. Alcuni sconosciuti hanno aperto il fuoco, colpendo un pneumatico e il motore, senza che nessun poliziotto all’interno del furgone risultasse però ferito. I colpi sparati sarebbero stati sette e non due, come riportato inizialmente dai media, e nella serata di ieri l’attacco è stato rivendicato da un gruppo denominatosi «Azione popolare». La squadra antiterrorismo ha aperto un’indagine.
L’episodio si inserisce nel clima di rivolta che imperversa ad Atene e in tutta la Grecia da tre settimane, da quando, il sei dicembre, un poliziotto ha ucciso il quindicenne Alexis Grigoropolous durante degli scontri con i gruppi anarchici nel quartiere di Exarchia. Da allora le strade ateniesi sono state attraversate da un costante vento di protesta, che ha portato pacifiche dimostrazioni di dissenso, assemblee, occupazioni, ma anche scontri aperti e saccheggi di negozi del centro. I giovani, studenti e disoccupati, hanno visto nell’episodio l’ultima atrocità siglata da un governo – quello conservatore del premier Costas Karamanlis -, che vede già un forte calo del consenso. In questo clima, gli attacchi rivolti contro i veicoli e il personale di polizia sono stati frequenti, ma quello di ieri a Goudi è il primo in cui sono state impiegate armi da fuoco.
Sempre ieri, una manifestazione studentesca ha nuovamente sfilato per le vie del centro, senza che si verificasse alcun incidente. Il Politecnico, l’università occupata insieme alle facoltà di economia e di legge, aspettava uno sgombero da parte della polizia durante la notte scorsa, che è invece trascorsa tranquillamente. Le occupazioni degli atenei proseguono da 17 giorni, e gli studenti iniziano a sentire il peso di una rivolta così prolungata nel tempo e senza precedenti. Ma gli attivisti si augurano che il movimento prosegua anche nell’anno nuovo.
APPUNTI DI SCUOLA
La verità sull’Italia che Gelmini nasconde
Giuseppe Caliceti
Come si distrugge la scuola pubblica italiana? Primo: distruggendo quello che funziona meglio. Se c’era un ordine scolastico che in Italia andava bene era la scuola elementare italiana. Ma proprio su di lei ha iniziato ad abbattersi la furia finto riformatrice di Gelmini. La conferma di un’ottima scuola di base in Italia arriva dal rapporto Timss 2007 – Trend in international Mathematics and Science study. È l’indagine che misura le competenze in matematica e scienze degli alunni al quarto e all’ottavo anno di scolarità. L’edizione 2007 del Timss riporta i dati relativi agli alunni di 59 paesi distribuiti nei 5 continenti e, per l’Italia, fa il paio con i confortanti risultati di un’altra indagine internazionale: il Pirls 2006 – Progress in international reading literacy study – che indaga sulla comprensione della lettura dei bambini al quarto anno di scolarità. I dati, recentemente diffusi, fanno riflettere non poco. Specie dopo la soppressione annunciata da Gelmini, a partire dal prossimo anno, nella scuola primaria, del cosiddetto «modulo» (tre insegnanti su due classi). Risultati che sono figli più che legittimi proprio del Modulo che, introdotto nel 1990, dal prossimo anno cesserà di esistere lasciando spazio ad un maestro cosiddetto «prevalente» che insegnerà nella stessa classe per 22 ore settimanali lasciando ad un secondo insegnante il completamento dell’orario a 24, 27, 30 o 40 ore settimanali. Rispetto al 2003 i bambini italiani migliorano le loro performance, confermandosi ai primi posti in Europa dove si piazzano all’ottavo posto in matematica e al quarto posto in scienze. Risultato che assume maggiore importanza se si considera che i nostri alunni di quarta elementare, con una età media di 9,8 anni, sono più piccoli dei corrispondenti compagni degli altri paesi: tutti con età superiore a 10 anni. A livello mondiale la concorrenza dei paesi asiatici (Hong Kong, Cina e Singapore ai primi posti) fa scivolare l’Italia al sedicesimo posto in matematica e al decimo posto in scienze, sempre e comunque con un «rendimento significativamente più alto della media internazionale», a quota 500 punti. I bambini italiani prevalgono su quelli svedesi e norvegesi e, in scienze, anche sui compagni tedeschi.
Entrando più nei particolari, il Timss mostra che gli alunni del nord-est italiano sono in assoluto i più bravi. Invece quelli del sud-isole arrancano. Trend opposto per i ragazzini all’ottavo anno di scolarità. Gli alunni che frequentano la terza media in Italia rimediano l’ennesima figuraccia: collocano al di sotto della media internazionale. Dati alla mano, qualsiasi persona dotata di un minimo di buon senso può rendersi conto di una cosa assai semplice da constatare: i bambini italiani escono dalle elementari più che preparati ma, dopo aver frequentato tre anni di scuola media, si ritrovano indietro nella preparazione. Difficile capire che, se proprio si vuole iniziare a parlare seriamente di riforma, bisogna partire dalle scuole medie? Evidentemente sì. Per Gelmini si parte infatti a rovinare la scuola pubblica italiana dalle elementari, l’ordine di scuola che funzionava meglio di tutto il processo formativo italiano. Un ottimo inizio, non c’è che dire. Ma allora di che qualità si parla? Di quale merito? Di quale eccellenza? Semplice: si guardano solo i dati – negativi – che in qualche modo possono giustificare un pesantissimo taglio ai fondi e al personale scolastico italiano della scuola pubblica. Il resto non si guarda. Anzi, a Gelmini probabilmente danno fastidio questi dati che testimoniano inequivocabilmente il buon funzionamento della scuola di base italiana perché mettono il dubbio, in un’opinione pubblica massicciamente pilotata a fini strumentali sul tema scuola da mesi e mesi, che quello che dice Gelmini non ha capo né coda.