Archivio Novembre 2008
meritocrazia
Scritto da cittaztudi in EDITORIALI & DIBATTITI il 27 Novembre 2008
si fa un gran parlare di meritocrazia per quanto riguarda la direzione da prendere per riformare l’università.
nessuno mette in dubbio che su questo dovrebbe basarsi la selezione e la progressione dei docenti (facciamo lavorare chi è capace), ma un’altra cosa è richiederla per quanto riguarda una limitazione dell’accesso degli studenti al sistema formativo. copincollo una mail che avevo mandato tempo fa sul tema, sottolineo comunque come inevitabilmente università di massa e meritocratica (in questa accezione) non vanno di pari passo, quindi chi ci tiene vada dai suoi compagni di corso con medie basse e li inviti a disiscriversi perchè la loro presenza è causa di un abbassamento della qualità della didattica, oppure cominciamo a parlare di autodisiscrizioni (sì sono un po’ polemico).
ciao
michele
segue testo della mail:
noi sbagliamo a voler puntare sulla meritocrazia. perchè è una cosa che in sè
non vuol dire niente finchè non si specifica cos’è il merito, e poi parla di
potere (radice -kratos greca) che è una cosa con cui dobbiamo stare molto
attenti a confrontarci.
credo che quello di cui dovremmo portare avanti, imprescindibile, sia il
DIRITTO ALLO STUDIO, DI QUALITA’ E PER TUTTI. è un concetto più ampio, porta
con sè la meritocrazia (e diciamolo pure, ma spieghiamo che è conseguenza di un
altro principio) perchè nel momento in cui vuoi che la didattica sia di qualità
richiedi che il docente sia bravo e preparato; inoltre, evita quello che
secondo me è una cazzata colossale: cioè, tagliare agli atenei che funzionano
male. questa oggi viene intesa come una misura meritocratica, ma come si può
pensare che un ateneo che funziona male funzioni meglio riducendogli i fondi?
diritto allo studio è invece chiuderli (= bloccare una didattica di scarsa
qualità) e permettere a tutti (= abbattere i costi) di frequentare atenei
migliori dislocati lontano da casa. per fare un esempio.
accanto al diritto allo studio vi è il DIRITTO ALLA RICERCA LIBERA, cioè
niente imprese (=rimanere nel pubblico), niente caste baronali che decidono chi
e cosa, niente imbecilli stipendiati per fare un cazzo che rubano il posto a
gente brava e appassionata. su questo ritorna il discorso merito, ma solo se lo
uniamo al discorso sprechi: non potendo assumere tutti (=spreco) assumiamo solo
quelli bravi. peraltro il discorso sprechia priori non dovrebbe interessarci,
lo fa solo nell’ottica di aprirci al paese e dire: “non è giusto che la società
paghi anche per cose che non funzionano”, ma questo è già un allargare la
protesta alla presa di una coscienza sociale che poi secondo me non può
limitarsi a questo. spero di essere stato comprensibile. era giusto per fare un
po’ di ordine sul senso (secondo me) di quello che facciamo.
per questo partire lancia in resta da “meritocrazia” non mi piace, partiamo da
diritto allo studio e di ricerca e da lì traiamo le dovute conclusioni (se
saranno quelle, per ora sì direi). voi che ne dite?
Rassegna stampa 25 novembre 2008
Scritto da cittaztudi in Rassegna stampa il 25 Novembre 2008
Dal manifesto di oggi.
RICREAZIONE La tragedia di Rivoli fa scoprire
alla politica l’esistenza delle scuole. Intese come edifici, aule,
laboratori e palestre. Spesso fatiscenti, spesso a rischio crolli.
Vittime dei tagli. Domani i funerali di Vito, il giovane morto nel
liceo per il crollo di una tubatura. E venerdì, in suo nome, studenti
medi in piazza
«Gelmini ha tagliato anche sull’edilizia»
Il Pd: il governo ha dimezzato le risorse per la sicurezza scolastica. Meno soldi in finanziaria e nel decreto
Stefano Milani
Sulla «tragica fatalità» – così domenica il
presidente del consiglio Berlusconi commentava la morte del
diciassettenne in seguito al crollo del tetto del liceo Darwin di
Rivoli – il mondo politico s’interroga. Come fa ogni volta,
all’indomani di una nuova tragedia. L’iter è noto. Prima il cordoglio
per la notizia, poi l’indignazione nel leggere dati di cui tutti
conoscevano l’esistenza, ma che solo il giorno dopo provocano sgomento:
una scuola italiana su due è a rischio. Addirittura «31.500 scuole, il
75% del totale, non è sicuro e necessità di interventi urgenti»,
denuncia Carlo Rienzi, presidente del Codacons.
E’ andata più o meno
così anche il 31 ottobre 2002, quando una scuola elementare di San
Giuliano si accartocciò su se stessa dopo una scossa di terremoto
provocando la morte di 27 bambini e di una insegnante. Cordoglio e
indignazione anche allora. A cui seguirono una sfilza di interrogativi
e la caccia al colpevole. Sono passati sei anni e nulla sembra
cambiato, il rischio di andare a scuola e non uscirne vivi rimane. Come
rimane il teatrino della politica, fatto di accuse reciproche e di
rimbalzi di responsabilità ogni qual volta una vita umana viene
spezzata in un modo così assurdo.
Ad insorgere, com’è normale nel
gioco delle parti, è l’opposizione. Il Pd se la prende con i tagli, «23
milioni di euro in meno in Finanziaria sui 100 disponibili nel fondo
statale destinato al patto per l’edilizia scolastica», accusa
Mariangela Bastico che dice di aver lanciato l’allarme già un mese fa.
«La mia denuncia partiva dal fatto che il decreto Gelmini sul maestro
unico dimezza le risorse per la sicurezza antisismica negli edifici
scolastici». Meglio il governo Prodi per la senatrice veltroniana, il
Professore «aveva destinato a questo scopo oltre 295 milioni di euro,
corrispondenti al 10 per cento degli investimenti globali in
infrastrutture. Con il decreto Gelmini si riducono al 5 per cento,
benché il governo (che riferirà oggi alla Camera, ndr) voglia far
credere che c’è stato incremento di risorse».
Anche Di Pietro punta
l’indice contro la maggioranza, soprattutto per come ha liquidato la
morte del giovane studente. «Non si può liquidare una tragedia come
quella avvenuta sabato presso la scuola di Rivoli come una fatalità.
Non sono d’accordo con il presidente del consiglio: c’è una chiara
responsabilità politica che non può essere occultata». Per il leader
dell’Italia dei Valori «le lacrime del giorno dopo del ministro Gelmini
sono inutili».
Dal canto suo, il ministro dell’Istruzione ripone il
fazzoletto e va avanti per la sua strada. Lei ha la coscienza a posto:
«Dal momento in cui mi sono insediata ed alla mia audizione alle
camere, – dice – ho messo in evidenza il problema dell’edilizia
scolastica». Bene brava, ma oltre a metterlo in evidenza, sarebbe cosa
buona e giusta per un ministro anche agire di conseguenza. La sicurezza
delle scuole italiane, per la Gelmini «è un compito del governo, così
come degli Enti locali e non è un caso che abbia chiesto al ministro
degli Affari regionali, Raffaele Fitto, di convocare al più presto la
conferenza unificata con regioni, province e comuni perché è uno sforzo
nazionale, è un impegno che ci deve vedere tutti in prima linea,
proprio per avere il prima possibile l’aggiornamento dell’edilizia per
intervenire là dove è necessario».
Ci vorrà dunque ancora del tempo.
Ma soprattutto servono più soldi. «Quelli che ci sono non sono
sufficienti», mette le mani avanti la Gelmini. «Ma come, – gli risponde
il capo della Protezione civile Guido Bertolaso – per la sicurezza
delle scuole il governo Berlusconi aveva stanziato 500 milioni nel
2003, dopo la tragedia di San Giuliano. Ebbene, devono ancora
spenderli». Aspettando che la politica finisca la fase della caccia al
colpevole e si renda operativa, è la regione Piemonte a muoversi. E’ di
ieri la notizia che il governatore Mercedes Bresso farà realizzare un
check-up di tutti gli edifici scolastici per verificarne le condizioni
profonde, in modo da evidenziare l’eventuale esistenza di rischi non
individuabili con i normali controlli strutturali. Meglio tardi che mai.
L’ULTIMO SALUTO A VITO
L’appello lanciato dalla mamma di Vito, il
17enne morto a seguito del crollo della controsoffittatura dell’aula in
cui si trovava, è stato raccolto. La salma del giovane sarà portata a
casa. Il trasferimento dall’ospedale di Rivoli, dove ieri è stata
eseguita l’autopsia, a Pianezza è stato autorizzato dal sindaco di
Rivoli, Guido Tallone, dopo il nulla osta della procura e dell’Asl
competente. «Abbiamo lavorato – spiega Tallone – in collaborazione con
tutte le istituzioni, Prefettura, carabinieri, Asl e anagrafe per
realizzare il massimo della legalità e per dare a questa legalità la
direzione della solidarietà» Intanto, l’avvocato Renato Ambrosio,
legale della famiglia precisa che la mamma del giovane «non si è mai
espressa su richieste di denaro, ma semplicemente ha chiesto
l’individuazione di diritti violati e, quindi, di giustizia».
L’inchiesta che deve accertare chi doveva o comunque poteva fare
qualcosa per lanciare l’allarme sulla situazione edilizia della scuola
Darwin è ancora agli inizi. Entro questa mattina, i vigili del fuoco
del Comando provinciale di Torino consegneranno al procuratore aggiunto
Raffaele Guariniello il rapporto sull’incidente che sabato scorso ha
causato, al liceo scientifico Darwin di Rivoli (Torino), la morte dello
studente Vito Scafidi. Nel frattempo ieri i consulenti della Procura
hanno iniziato a fare i primi «accertamenti irripetibili» sulla
controsoffittatura crollata. Pare essere confermata l’ipotesi che a
causare la caduta sia stato il tubo di ghisa che era rimasto
all’interno. Tutto potrebbe essere cominciato con la porta della
classe, sbattuta violentemente a causa di un colpo d’aria. Il tubo di
ghisa si sarebbe staccato, o forse sfilato dai ganci che lo
trattenevano. La procura dovrà poi cercare di capire perché quel tubo
era rimasto all’interno del controsoffitto, come erano stati eseguiti i
lavori, se era stata verificato il carico della controsoffittatura e se
ci siano responsabilità sul fronte della vigilanza di quella struttura.
MILANO
L’Onda contesta Bondi e La Russa
Gli studenti dell’accademia di Brera hanno
contestato ieri i ministri in visita per la firma del patto «Per la
nuova Brera», un protocollo d’intervento sul patrimonio artistico e
culturale per Milano. Il ministro della cultura Bondi, il ministro
della difesa La Russa e il sindaco della città Moratti sono stati
accolti dallo striscione «Ma quale grande Brera! Accademia libera!
Bondi, Moratti e La Russa fuori da Brera». Durante l’incontro è stato
impedito l’ingresso agli studenti, che volevano consegnare una lettera
con le loro richieste. Un centinaio di persone hanno allora bloccato
l’ingresso dell’accademia contestando i tagli della legge 133 e
gridando «I soldi per la scuola li devono trovare tagliando la spesa
militare». I ministri e il sindaco sono stati costretti ad uscire da
un’ingresso secondario della struttura, mentre i celerini bloccavano i
ragazzi seduti a terra. «Ci hanno fermato con qualche spinta – hanno
dichiarato gli studenti – L’ingresso in Accademia di una ventina di
poliziotti in assesso antisommossa è un fatto gravissimo. Non vogliamo
la polizia nelle scuole e nelle università».
Rassegna stampa 22-23 novembre 2008
Scritto da cittaztudi in Rassegna stampa il 25 Novembre 2008
Due articoli dal manifesto del 22 e 23.
COMMENTO
Perplessità intorno all’Onda
Paolo Hutter
Quella in corso nelle università non è una palestra
politica generazionale, quindi possiamo polemizzare «da compagni» su
alcune impostazioni. Stiamo tutti sperando che il movimento degli
studenti ci tiri via dalle pozze autoreferenti del sinistrese e cosa
trovo nel documento welfare della Sapienza? Bus e treni gratis! Come 35
anni fa, non certo come nelle lotte dei pendolari 2008. Ai tempi di
Lotta continua incontravo gli studenti medi sardi in lotta per i
trasporti gratis. Ma quelli erano figli di pastori senza motorino,
dovevano fare 30 chilometri di bus per arrivare a scuola. Oggi gli
studenti hanno ovunque forti sconti e il problema sembra più quello
dell’efficienza del servizio. O dell’intermodalità con la bici. Alcune
delle conclusioni dell’assemblea nazionale dell’ «Onda» sembrano
incongrue, rispetto alla realtà che ho visto, dal vivo, in queste
settimane. Cosa c’entrano gli studenti a volte fin troppo «secchioni»
delle lezioni all’aperto, della didattica che non si interrompe, della
richiesta al preside del permesso di dormire in facoltà, del corteo
senza bandiere, con frasi come queste: «Tutto ciò permette di
individuare nell’università un terreno di lotta di particolare
importanza, a partire da cui produrre dei processi di generalizzazione
del conflitto.»? C’è uno stratega rivoluzionario che scruta dall’alto
dove concentrare i suoi sforzi? Il mio punto di vista è quello di un ex
militante del «lavoro politico» tra gli studenti degli anni ’70, e non
condivido tutta l’ enfasi sull’«abissale» differenza dell’attuale
movimento col ’68 e il ’77. Ora a leggere certe frasi sinistresi o
criptiche dei documenti della Sapienza sono spiazzato, le trovo più
vicine agli anni ’70, e mi chiedo quanto esprimano la realtà del
movimento.
«Si è sviluppato un dibattito articolato e aperto sulla
proposta dell’autoformazione: questa è una tra le varie pratiche
sperimentate per l’inflazionamento e il sabotaggio del sistema del
credito». Non so se possa essere giusto o importante superare il
sistema dei crediti formativi, né quanto sia praticabile farlo in
presenza di un sistema europeo di trasferimento dei crediti che è alla
base degli Erasmus, cioè della possibilità di scambio . Ma le «pratiche
sperimentate di autoformazione» come metodo per «sabotare
inflazionandolo» il sistema dei crediti chi le ha sperimentate? Quale
sabotaggio? In generale i 3 documenti sembrano rovesciare specularmente
la logica del governo nei confronti dell’università. Invece dei tagli e
delle privatizzazioni si propongono tanti soldi pubblici: per i
ricercatori, per i precari, per gli studenti, per farsi retribuire gli
stage, per ri-quinquennalizzare l’università, per le strutture. Questa
sì sembra essere una reale esigenza di massa degli studenti, anche se
viene descritta in termini molto simili a quelli usati dall’ala
economicista degli anni ’70, (il salario agli studenti lanciato da
Potere operaio) e resta lontana invece dal livello analitico,
alternativo ma pragmatico, di una controfinanziaria stile
Sbilanciamoci. Si preferisce parlare di autoriduzione dei cinema. ..
Nell’idea dei trasporti gratis, poi, non si fa i conti con la necessità
di contenere la mobilità e di ridurre le emissioni, per cui ogni
trasporto a motore ha un costo esterno. Del resto di territorio,
ambiente, risparmio energetico, risorse rinnovabili non c’è traccia in
questi primi documenti dell’Onda che dimenticano persino di parlare di
internet a banda larga (ancora assente in metà del paese) e di wi-fi
(assente quasi ovunque). Quello sì, internet, forse ha senso che sia
gratis…
SCUOLA
Il protagonismo delle maestre
Mario Sai
Una delle novità di questo prodigioso movimento in
difesa della scuola pubblica sono le maestre e i maestri delle
elementari scesi in piazza a difesa di un progetto educativo che è il
vero obiettivo dell’attacco del governo. È, quindi, necessario, nella
nostra discussione, capovolgere il punto di vista.
Sono i tagli del
ministro Tremonti a servire da copertura a una reazione in campo
educativo che ha i suoi punti di forza proprio in quegli atti simbolici
(il grembiulino, i voti, la condotta) rispetto ai quali il senso
comune, sia a destra che a sinistra, vede, invece, un rassicurante
ritorno al buon tempo andato. Anche sul «maestro unico» l’opposizione
politica ha fatto proprie le ragioni sindacali e di garanzia del
servizio per le madri lavoratrici, ma non la questione di fondo. La
scuola elementare italiana, che è tra le migliori del mondo, non piace
alla destra, perché in essa, nelle sue maestre e maestri, è operante
quell’insieme di culture di innovazioni pedagogiche e pratiche
educative che, sono nate dalla rivoluzione copernicana dell’«educazione
attiva»: mettere al centro l’attività spontanea, personale, produttiva
dei bambini; educare attraverso la relazione con l’ambiente e
l’esperienza pratica; dare un ruolo formativo all’attività manuale;
individualizzare il programma educativo per esaltare attitudini e
recuperare difficoltà di ciascuno.
L’abolizione del grembiule
ribadiva l’idea che la scuola non doveva essere una caserma, ma una
comunità, un modo di vita sociale. Le maestre e i maestri, soprattutto
dopo l’ingresso di tanti giovani con i concorsi degli anni ’70, nella
loro pratica quotidiana hanno cambiato profondamente il vecchio modo di
fare scuola: il lavoro di gruppo al posto della lezione dalla cattedra;
la biblioteca di classe, i quotidiani, i nuovi mezzi audiovisivi al
posto del libro di testo; i giudizi al posto dei voti. È stato un
processo lungo e difficile con protagonisti i maestri «sperimentatori»
e pedagogisti, laici e cattolici, associazioni, riviste, comitati di
quartiere e consigli di zona sindacali. La riforma dei programmi della
scuola elementare del 1985 fu il punto di arrivo di questo movimento
che faceva i conti con grandi trasformazioni sociali e di costume
(dalla conquista delle 40 ore con i contratti del 1969 all’ingresso
massiccio delle donne nel lavoro) e che aveva promosso una diffusa
sperimentazione di nuove pratiche educative e tecniche didattiche,
dalle «classi aperte» con più insegnanti che collaboravano tra loro
allo studio dell’ambiente e ai laboratori creativi.
Il tempo pieno,
la compresenza di più insegnanti nascono dentro queste pratiche. Con
esse si dà concretezza al bisogno di una scuola che renda liberi e
uguali; che «promuova» tutti nel senso della maturazione e della
consapevolezza; che dica basta all’individualismo, alla competizione,
al massacro della selezione scolastica che ribadisce con forza quella
sociale. Da qui nasce una nuova capacità di costruire socialità, di
includere i bambini immigrati come i «diversi» per problemi fisici,
psichici e sociali. Tutto questo complesso processo ha trovato un suo
riconoscimento nella legge n. 148 del 1990 che la signora ministro
Gelmini ha deciso di manomettere. E non ci consoli la possibilità – non
a caso sostenuta dalla Lega nord – che laddove ci saranno risorse e
richieste delle famiglie il tempo pieno rimarrà. In questo modo della
legge si vogliono salvare i suoi insuccessi. La condizione che i comuni
fornissero le strutture, a cominciare dalla mensa, ha fatto sì che il
tempo pieno si realizzasse solo nel 27% delle classi, in larga misura
al Nord (a Milano città il 96% delle classi è a tempo pieno). Oggi la
sinistra dovrebbe dire che è una priorità superare questa condizione.
Ci vogliono risorse perché finisca nel nostro paese lo scandalo per cui
i bambini che se lo possono permettere hanno pagate dalle famiglie le
attività pomeridiane e gli altri stanno davanti alla tv o per strada.
Solo così si può volgere in positivo l’altro punto debole della legge:
avere collegato la scelta di più insegnanti per classe molto al calo
demografico (i bambini delle elementari in 30 anni si sono dimezzati) e
poco all’arricchimento e all’ampliamento dell’offerta formativa.
Diritto allo studio: alloggi
Scritto da cittaztudi in EDITORIALI & DIBATTITI il 25 Novembre 2008
Il DL 180/08 all’articolo 3.1 stanzia 65 milioni di euro per gli alloggi universitari. Per confronto, la legge 338/2000 a cui si appoggia questo comma stanziava 180 miliardi di lire, cioè il 43% in piú senza considerare l’inflazione.
Inoltre, la legge 133/2008 (sempre la stessa) ha cancellato il piano casa (in affitto) da 550 milioni di euro avviato dal governo Prodi, per far felici i costruttori e le banche con un piano di acquisto della prima casa (come quello avviato da George Bush padre 20 anni fa, che ha creato i presupposti dell’attuale crisi finanziaria?).
Alemanno invece punta a cementificare l’agro romano, anche se dice che ci sono 120.000 case sfitte (inutilizzate) solo a Roma.
a proposito di 3+2
Scritto da cittaztudi in EDITORIALI & DIBATTITI il 24 Novembre 2008
ieri sera mi son fatto spiegare come funzionava l’università (fisica, in particolare) 25 anni fa.
mi è stato detto detto che loro avevano il ciclo unico di 4 anni in cui dovevano fare 17
esami + 2 di lingua; di questi 17, quattro (uno all’anno) era un laboratorio,
quindi abbastanza leggero.
facciamo i conti. 17 esami in 4 anni vuol dire 4 esami per 3 anni e 5 esami un
altro anno. nessun corso annuale, questo comporta 2 esami a semestre punto, ed
inoltre appelli ogni mese.
toccando una gamma di argomenti che più o meno corrisponde all’attuale
triennale.
io credo che avere pochi esami, ma più ampi e completi, consenta di avere un
approcio molto migliore, sia in termini di rilassatezza (non ho la fretta di
dare 5 esami tutti diversi in un mese e mezzo) sia per quanto riguarda una
maggiore consapevolezza verso quello che si sta studiando. se studio in modo
completo un argomento per un mese lo capisco meglio che se lo trovo spezzettato
su più semestri e devo intanto studiare altre cose sempre di fretta; a maggior
ragione lo capisco meglio se da questo argomento non sono dovute essere
tagliate parti importanti per esigenze di tempistica didattica (è ovvio che se
passo da 4 a 3 anni qualcosa dovrò tagliare).
ora, pensatela come volete, io credo che in questo caso il sistema
universitario italiano fosse migliore di quello europeo, se questo imponeva il
3+2. e non credo sia un caso che il 3+2 abbia obbligato a spezzettare e
moltiplicare i corsi assegnando i crediti a caso.
non credo che una maggiore facilità di comparazione con l’europa valga una
maggiore qualità ed efficacia didattica.
oltretutto è ovvio che un sistema che mette nella condizione di masticare
meglio un esame, permette anche una maggiore capacità critica verso lo stesso,
elemento che credo sia fondamentale nell’università, al pari della ricerca (se
no cosa cambia dal liceo?).
senza contare che il modello 3+2 e dei crediti si basa su un’idea di
apprendimento rapido ed efficientistico (ma non efficiente s’è visto) più degno
di un’azienda che di un’università. cioè: voglio un immediato riscontro: 60
crediti al primo anno, al secondo e al terzo (come se fosse una questione di
produttività) e se non raggiungi un minimo non ti puoi iscrivere all’anno dopo.
inoltre credo che fino a una vera laurea (che secondo me la triennale non è)
penso che debba essere garantito il carattere di massa dell’istruzione, cosa
che i numeri chiusi alle specialistiche impediscono.
se la triennale invece è per garantire un traguardo vicino a chi si iscrive,
ripropongo che invece di una laurea fuffa a metà percorso si diano attestati di
“esami passati” anno per anno, così uno si trova comunque in mano un
certificato di quello che ha fatto.
poi certo, in italia sarà pure applicato male il 3+2. siamo fatti così.
però non mi piace neanche l’idea che c’è dietro.
spero che il discorso non sia troppo incomprensibile.
michele
fuga di cervelli – 23/11
Scritto da cittaztudi in Università il 23 Novembre 2008
comunicato stampa
Anche oggi l’Onda Anomala studentesca ha colorato le strade della città di Milano con la sua fantasia e la sua gioia. Lo ha fatto partecipando
alla Maratona della città, percorrendone pacificamente l’ultimo mezzo chilometro senza minimamente disturbare lo svolgimento sportivo della manifestazione.
Abbiamo portato avanti la nostra azione goliardica indossando magliette dell’Onda Anomala sul cui retro era impressa la scritta "cervello in fuga", ad indicare l’unico
sbocco possibile di presenti e futuri giovani ricercatori italiani se la legge 133 non verrà abrogata. Il gesto di oggi è stato quindi effettuato per portare nuovamente
all’attenzione dell’opinione pubblica gli effetti devastanti dell’attacco finale che il governo ha deciso di sferrare nei confronti dell’università e della ricerca pubblica. Noi studenti
dell’Onda a questo attacco abbiamo risposto e risponderemo fino a quando non sarà di nuovo garantito a tutti il diritto a un’istruzione, un’università e una ricerca pubbliche, libere
ed accessibili a tutti.
Coordinamento di Città Studi
Studenti del Politecnico in Mobilitazione
foto di gruppo dell’A.S. Onda Anomala – Milano al termine della gara
APPUNTAMENTI
Scritto da cittaztudi in Università il 22 Novembre 2008
segnaliamo le prossime iniziative.
le segnaliamo perchè così ci potete partecipare. dunque, fatelo. ecco qui:
venerdì 28 novembre: giornata di mobilitazione nazionale, anche milano si mobilita. per cittastudi: ritrovo h 9.30 in piazza leo in bici per una criticalmass che si congiungerà agli studenti degli altri poli (h 10.30 in cordusio). nel pomeriggio lezioni in piazza. in particolare: l’istituto nazionale di astrofisica organizza lezioni dalle 16 in piazza mercanti.
sabato 29: tre cortei cittadini di retescuole (www.retescuole.net) all’interno di una giornata di mobilitazione nazionale delle scuole, noi ci uniamo allo spezzone delle zone 2 e 3. concentramento alle 14.30 a lima, faremo uno spezzone universitario.
lunedì 1 dicembre: offriamo la colazione ai pendolari la mattina presto nelle stazioni
mercoledì 3: gruppi di lavoro su didattica, ricerca, welfare/diritto allo studio. h 16.30 all’entrata di architettura (sotto la A)
domande? scrivici: retazione@libero.it
qualcuno risponderà…
ASSEMBLEA GENERALE + DOCUMENTI DI ROMA
Scritto da cittaztudi in Università il 19 Novembre 2008
ABBIAMO COMINCIATO PER NON FERMARCI
ASSEMBLEA GENERALE di CITTA’ STUDI
(Statale & Politecnico)
GIOVEDI’ 27 NOVEMBRE
ORE 13 AULA A
DIPARTIMENTO DI FISICA Via Celoria, 16
Parleremo di:
o Decreto 180: analisi di un contentino…pensano basti questo a fermarci!?
o Proposte uscite dall’Assemblea Nazionale di Roma
o Come proseguire nella lotta: prossime iniziative
Coordinamento di Città Studi
Studenti del Poli in mobilitazione
cittastudi.noblogs.org
info: retazione@libero.it
DOCUMENTI PROPOSTI DALL’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 15-16 NOVEMBRE ALLA SAPIENZA DI ROMA:
ASSEDIO CULTURALE
Scritto da cittaztudi in Università il 18 Novembre 2008
Domani mercoledì 19 in CATTOLICA Assedio culturale dalle h 10.30
In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, a cui parteciperà mr TREMONTI!!
Volantino: Cattolica.pdf
Premetto che non ho partecipato all’assemblea del ventisei per motivi di salute e dunque mi mancano gli ultimi aggiornamenti dal movimento.
Vorrei sapere cosa ne pensa il Movimento (cioè noi) di come sta agendo. Nel senso…
Siamo soddisfatti di come si sta evolvendo la cosa?
Ci piace vedere quanti pezzi stiamo perdendo in giro?
Siamo rassicurati dal fatto che la situazione non è migliorata per niente in questo mese e mezzo ma perdiamo consensi inesorabilmente?
Perdonatemi la retorica…ma credo che le risposte siano abbastanza ovvie…
A questo punto non è che a qualcuno potrebbe venire in mente che potremmo smetterla di muoverci senza una direzione con una fretta folle ma fermarci per un momento, sederci attorno a qualcosa e discutere sul serio su come riempire di contenuti questo movimento?
Io davvero ne ho piene le palle di fare assemblee in cui si tirano fuori mille mila cose (sempre le stesse) ma poi non si scava, non si approfondisce nulla. Le uniche cose su cui si discute alle assemblee è di cosa organizzare per “farci vedere” (parole chiave) e di quando fare le assemblee successive…sono molto scettico sul fatto che un movimento possa durare senza delle idee alla base…
Anche la questione dell’occupazione la vedo un po’ così, che senso ha metterci a fare atti di forza senza sapere cosa vogliamo ottenere con questi? Non siamo più al liceo…non abbiamo tempo per metterci giocare ai sessantottini…
Noi dobbiamo combattere per un’università nuova, non per tornare all’università post sessantotto!
buonanotte
guglielmo